Il tema portante di questa Via Crucis è l’immedesimazione ovvero il tentativo di immedesimarsi attraverso la vicenda del Cristo nelle avventure umane: dalla condanna alle percosse, dalla violenza al soccorso, dall’amore materno e quello sconosciuto.
L’immedesimazione non come Imitatio Christi bensì come tentativo di ristabilire una comunione tra le persone, soprattutto in questo tempo in cui maggiormente l’attenzione e le energie dell’uomo sono rivolte quasi esclusivamente al proprio interno, ma non nel senso di ricerca interiore e crescita spirituale ma come meccanismo egotico così che il risultato che giunge all’esterno risulta essere una proiezione distorta e superficiale di sé stessi, a volte inconsapevole, troppo spesso calcolata.
L’utilizzo eccessivo, malato, di una tecnologia applicata al mondo dei social è diventato uno strumento pericoloso con il quale banalizzare temi importanti dell’umanità e al contempo ingigantirne di banali, un sistema di falsa comunicazione che conduce ad una chiusura anziché ad una vera apertura; la stessa azione del selfie, questo continuo guardarsi allo specchio, può essere paragonata alla metafora di Narciso che resta intrappolato nel suo stesso riflesso!
E’ così che senza rendersene conto si scivola verso l’indifferenza del prossimo, si è intenti ad amare solo la propria immagine, a raccogliere consensi eterei, ad accumulare seguaci invisibili, addirittura acquistarli.
L’assenza dell’immagine del Cristo diventa una spinta, un tentativo di sforzarci ad immaginare sulla nostra pelle ciò che vive quella persona; è si un essere protagonisti, ma siamo chiamati a sentire! Evochiamo probabilmente ricordi di quando siamo giudicati, condannati, venduti, soccorsi, spogliati e percossi…ma soprattutto, dobbiamo tener conto che tutto ciò è comune ad ognuno di noi.
Tutti, in fondo, percorriamo una Via crucis, ma troppo spesso lo dimentichiamo o crediamo sia un destino solo nostro e che non riguardi tutta l’umanità, di conseguenza non riusciamo più ad immedesimarci nel prossimo, non ci proviamo neanche perché probabilmente in noi non nasce neanche più l’istinto a farlo. Attraverso le immagini siamo stati abituati a delegare al Cristo il peso della croce per i nostri peccati, dimenticando di protendere la mano al prossimo e a noi stessi; il Cireneo invece impara a farlo lungo il tragitto che conduce l’Innocente al Golgota!
Ci stiamo progressivamente chiudendo, spegnendo e così come accade quando si inizia a perdere la memoria, non abbiamo più il ricordo di essere una sola comunità di essere umani, di trovarci in un cammino comune, ognuno con la sua fede, con il suo ateismo, con le sue credenze o meno, ma in ogni caso, di essere una sola grande famiglia.
Forse proprio questo dovrebbe suggerire il tema della Via Crucis, per questo intitolata nell’ambito di questa opera pittorica “La Mia Crucis”, che ciò che accade al Cristo accade anche a noi, accade a tutti gli esseri umani, dal ricco al povero, dal potente al debole, dal credente all’ateo, a tutti senza esclusione di colpi; queste tele vogliono fare questo, mettere gli osservatori nei panni del Cristo e di chiunque!
La Bottega
Quando nel 2005 ho fondato la Scuola d’arte della In Form of Art, l’ho fatto con un preciso spirito di rinascenza culturale delle arti del disegno e della pittura, consapevole di dover investire tutta la vita per poterne rintracciare e comprenderne a fondo le radici.
Non sono mai stato interessato ad un lavoro di superficie, ad emergere come pittore o ad avere successo attraverso il sistema delle gallerie d’arte e delle esposizioni fieristiche; ho sicuramente fatto le mie esperienze ma per rendermi conto di un mondo al quale non ero interessato. Non voglio prendere parte ad un sistema in cui migliaia di persone inscenano attraverso i social o le istituzioni che lo consentono, l’idea di essere padroni di un mestiere avendo nel proprio bagaglio culturale, nel migliore dei casi, la lettura di qualche pagina di libro oppure la realizzazione di una decina di tele senza aver compreso nulla della natura dei materiali, senza aver neanche annusato alla lontana quelli che sono i dettami fondamentali del mestiere della pittura.
Questo spirito di riscoperta del passato che anni prima mi aveva condotto ad iscrivermi all’Accademia di Belle Arti della mia città e che era stato messo subito a dura prova per l’assenza di quel tipo di maestri che speravo potessero insegnarmi il mestiere dell’arte, mi ha messo in condizione di tuffarmi nel vasto mare della ricerca; nel corso degli ultimi vent’anni ho potuto ricercare e reperire tantissimi dei trattati, dei ricettari e dei manuali che, a partire dai più grandi artisti di sempre fino a quelli meno conosciuti, hanno lasciato alla storia una traccia indelebile circa la storia delle tecniche artistiche.
E’ proprio grazie a questa ininterrotta ricerca che ho potuto leggere della vita che si svolgeva nelle botteghe artigiane del ‘400, del ‘500 e degli altri secoli durante i quali è durato questo splendido sistema di trasmissione e apprendimento del mestiere dell’arte; ho maturato così, al di là della costruzione della Scuola d’arte In Form of Art e del suo sistema didattico appunto ispirato alle botteghe artistiche , il desiderio di vivere quell’esperienza in modo incisivo, quello della committenza in cui coinvolgere un numero di allievi appena se ne fosse presentata l’occasione.
E quando questa è giunta, non ho esitato un solo istante a lanciarmi a capofitto in una promessa troppo impegnativa per chiunque abbia deciso nella vita di vivere con l’arte! E’ nato così il progetto formativo intitolato “ Il cantiere della Via Crucis”.
Il cantiere è stato concepito e strutturato da subito come un insieme di 14 workshop di alta formazione artistica attraverso i quali avrei formato gli allievi di bottega partendo dal concepimento di un ciclo pittorico e passando per tutte le fasi di realizzazione che allo stesso modo sarebbero state contemplate nelle botteghe del passato: il maestro concepisce l’idea, realizza i cartoni, la bottega avvia il lavoro di base e successivamente il maestro completa tutto considerando anche dei ripensamenti che competono solo a lui… e così è stato.
Sono stato sicuro da subito che chiunque avesse deciso di prende parte a questa esperienza unica nel suo genere, si sarebbe ritrovato a vivere qualcosa di veramente importante da un punto di vista emotivo e culturale. Inoltre, l’imponenza dell’opera, 14 tele di grande formato ( due metri per 1,5 ciascuna) non era un aspetto da sottovalutare dal punto di vista del coinvolgimento.
Qualche mese prima di lanciare il bando di partecipazione al progetto, mi ero occupato di concepire tutto il ciclo pittorico imprimendo alla mia opera il carattere della soggettiva: gli occhi del Cristo sarebbero risultati essere le telecamere che dal palazzo di Pilato ci avrebbero condotto al sepolcro!
Una volta realizzati i bozzetti, dopo aver svolto un lavoro di ricerca dei modelli e ottenute le adesioni dei partecipanti al cantiere, ho potuto dare il via ai 14 workshop per avviare il lavoro di formazione degli allievi e per iniziare le tele.
Dopo aver svolto un numero considerevole di workshop, gli allievi hanno iniziato la loro esperienza pittorica avviando la fase monocromatica e di abbozzo con la tempera all’uovo prima e con l’olio successivamente sulle tele che ad ognuno di essi era stata assegnata.
Nonostante la bravura e l’impegno appassionato da parte degli allievi, le tele non sono state immuni da errori e di conseguenza da correzioni che hanno impegnato prima il maestro Gennaro De Rosa e successivamente me per recuperare il disegno quando questo era stato smarrito nonché la stesura pittorica dove questa non era stata coerente con la parte da dipingere.
Da quel punto in poi, la mia fatica per l’intera l’opera pittorica è proseguita fino alla fine.